martedì 28 aprile 2009

MOZAMBIQUE JAZZ FESTIVAL 2009


Maputo, 10-11 Aprile 2009

La seconda edizione del Mozambique Jazz Festival si è tenuta in data 10-11 Aprile presso il ‘Parque dos Continuadores’ in Maputo.
Si tratta di un festival caratterizzato da una mistura fina di artisti nazionali ed internazionali accomunati dal linguaggio marcatamente jazz in tutte le sue sfaccettature.
L’evento è stato creato per valorizzare e promuovere la musica mozambicana e per favorire l’interscambio di esperienze di musicisti con background diversi.
Complessivamente hanno assistito al festival oltre 10.00 persone, un pubblico variegato ed entusiasta costituito prevalentemente da mozambicani ma con una consistente presenza di sudafricani ed internazionali residenti in Maputo.
La line up del programma ha visto susseguirsi artisti locali tra i quali la U.E.M. Youth Band dell’Università Eduardo Mondane di Maputo ed il talentuoso Jorge Domingos; musicisti mozambicani affermati internazionalmente quali Moreira Chonguiça, 340 ml e Stewart Sukuma oltre ad alcuni guest internazionali del calibro di Spyro Gyra, Hugh Masekela, e Norman Brown.
Purtroppo, a causa di alcuni contrattempi all’impianto audio, la prima giornata del festival è iniziata con alcune ore di ritardo, compromettendo la programmazione delle performance, ma in fondo il Jazz è anche improvvisazione...
Per compensare l’attesa aprono il festival gli attesissimi Spyro Gyra.
La pluripremiata band nordamericana ha prodotto durante la sua proficua carriera più di 25 album di successo e venduto oltre dieci milioni di copie. Il loro stile è marcatamente fusion jazz e lo show inizia con alcuni brani storici della band, avvio molto smooth ma che coinvolge per la nitidezza del suono per poi decollare, anche grazie alla maestria del batterista, al suo assolo incredibile ed all’affiatamento con il basso, verso universi caratterizzati da groove e funk, facendo saltare la platea e dando ufficialmente inizio alle danze. Gli Spyro Gyra chiudono tra gli applausi entusiasti del pubblico, confermandosi una band di riferimento nella scena fusion.
Durante la successiva performance di Zambesi River Project e della Banda Nondjie decido di dedicarmi all’esplorazione degli stand gastronomici che offrono pollo grigliato alla zambesiana e cerveja Laurentina.
Attira nuovamente la mia attenzione lo show di Zama Jobe, una giovane e talentuosa cantante afro soul jazz sudafricana dalla voce particolarissima e con approccio al palco umile e semplice sebbene estremamente spirituale. Sostenuta da una solida band, ipnotizza il pubblico con brani tratti dal suo album ‘Ndoni Yamanzi’ in cui Zama Jobe invita ad attuare l’onesto modello di vita dei villaggi africani anche nei contesti urbani.
Artista rivelazione del primo giorno del Moçambique Jazz Festival!
A seguire si esibisce il chitarrista mozambicano Nanando che, nonostante inizi a suonare alle 4 di mattino, sdrammatizza circa i contrattempi organizzativi e scalda la platea con la sua tecnica unica. Ciò nonostante il sottoscritto, infreddolito dal vento freddo che si è alzato, decide di abbandonare il festival senza assistere alle performance di Lizha James e di Moreira Chonguiça.


il Dr. Gonzo ipnotizzato dalla musica tra la folla ....

Il secondo giorno del Moçambique Jazz Festival si svolge senza alcun disguido organizzativo e qualitativamente riesce ad offrire momenti indimenticabili.
Dopo la brillante apertura della UEM Youth Band e di Jorge Domingos asssito allo show di Wazimbo, musicista che da oltre 45 anni canta musiche fortemente influenzate dalla musica tradizionale mozambicana, perfetta simbiosi di ritmiche Majika e Marrabenta con sfumature di Semba angolana, ereditata dalle sue passate collaborazioni. Vera e propria memoria storica della musica del suo paese, già si esibiva nei locali di Maputo quando ancora la città si chiamava Lourenço Marques ed era sotto l’influenza coloniale portoghese, in seguito assistette personalmente alle atrocità della guerra civile ed oggi testimonia con energia il suo orgoglio mozambicano. Nel 2001 la sua canzone più famosa, Mwahulwana, venne inserita nella colonna sonora del film di Sean Penn “The Pladge”. Si esibisce accompagnato da ballerine afro che alzano la temperatura del pubblico numerosissimo in fremente attesa del concerto di Hugh Masekela.
Reduce dalla sua coinvolgente performance della settimana precedente al Cape Town Jazz Festival durante la quale si sono celebrati i suoi 70 anni, il leggendario trombettista sudafricano è conosciutissimo in Mozambico, paese con il quale ha un feeling particolare come testimoniano le sue stesse parole rivolte al pubblico. Invita i musicisti mozambicani a coltivare le loro radici tradizionali, la loro identità culturale, dichiara spudoratamente il suo amore per il Mozambico, definisce il paese un’inestimabile fonte di ispirazione, terra bellissima e con persone splendide. A questo punto il pubblico esulta ed acclama Masekela chiamadolo confidenzialmente ‘Hugo’. Esegue alcuni brani tratti dal suo ultimo album ‘Phola’, interamente dedicato proprio al Mozambico, tra cui il brano ‘ Moz’. Timbrica caldissima sul filicorno come alla voce, Hugh Masekela ruggisce come un leone accompagnato da musicisti talentuosi, passando da alcuni suoi classici tra cui ‘Stimela’ che racconta delle durissime condizioni di vita dei minatori con i suoni onomatopeici dei treni a vapore dei convogli di carbone. In omaggio all’afrobeat di Fela Kuti suona una versione coinvolgente di ‘Lady’ e chiude il suo show tra uno scroscio di applausi.
Segue l’esibizione di Mingas e della sua voce d’oro che da trenta anni risuona per il Mozambico e non solo. Prese parte negli anni ’80 al progetto ‘Orchestra Marrabenta Star del Mozambico’ con il quale registrò ‘ Elisa we Gomara Saia’, brano divenuto parte del bagaglio popolar-culturale mozambicano. Attraverso Radio Mozambico viene conosciuta in Portogallo, Capo Verde, Francia, Inghilterra ed Olanda. Nel 1988 partecipò al concerto ‘ Child Survival and Development Symposium’ in Zimbabwe esibendosi al fianco di artisti quali Miriam Makeba, Harry Belafonte, Paul Simon e Manu Dibango. Voce davvero sorprendente che viene giustamente acclamata dalla folla.
A questo punto la programmazione del festival subisce una piacevole variazione e si dà spazio a Moreira Chonguiça che, a causa dei disguidi organizzativi, non ero riuscito a vedere il giorno precedente. Giovane saxofonista di origine mozambicana che da anni vive in Cape Town, ove si è laureato in etnomusicologia. Tecnicamente formato dal jazz ma fortemente influenzato dal funk si esibisce con il suo gruppo ‘Moreira Project’ con il quale ha da poco pubblicato ‘Citizen of the World’, album dove trova ampio spazio il groove ed il soul. Lo show ha inizio con il sax di Moreira che suona in mezzo alla folla mentre la band è sul palco, spiazzando così il pubblico che una volta realizzato quanto accade si esalta ed apre la strada al palco a Mr. Chonguiça. I musicisti che lo accompagnano si cimentano in arditi cambi armonici e divisioni ritmiche dinamiche su cui sovrasta la timbrica incredibile del sax di Moreira. Entusiasta per la performance mi riprometto di acquistare ‘Citizen of the world’.
L’alto livello dei concerti del secondo giorno del Moçambique Jazz Festival continua con Norman Brown. Nato in Louisiana ma trasferitosi in Kansas City il chitarrista americano era tra gli artisti più attesi al festival ed appena le sue dita toccano le corde della sua Ibanez ne comprendo immediatamente la ragione: possiede un talento sorprendente, linee melodiche sempre fresche ed una cascata inarrestabile di note. Personalmente non conoscevo questo artista impressionante, mentre il pubblico mozambicano conosceva a memoria i suoi temi tratti dagli album come ‘Stay with me’ e ‘Just Chillin’. Ad un certo punto il chitarrista si lancia in uno scat con il quale coinvolge la folla che risponde prontamente scaturendo la reazione sorpresa dello stesso che suona con il sorriso stampato in faccia tutto il tempo, in estasi. La sua tecnica si richiama a Jimi Hendrix, Wes Mongomery e Gorge Benson, tre musicisti apparentemente inconciliabili e con peculiarità differenti ma che incredibilmente coinvolgono in uguale misura in Norman Brown quando esegue un medley di brani dei suoi riferimenti musicali. Chiude acclamato dalla platea eseguendo alcuni brani tratti dal suo ultimo album ‘After the storm’.
Il pubblico più giovane del Moçambique Jazz Festival già dal pomeriggio era in fervente attesa per lo show dei 340 ml, quartetto composto da musicisti mozambicani che continuano la loro promettente carriera da Città del Capo. Sul palco dimostrano capacità di miscelare reggae, soul, jazz, marrabenta mozambicana e ritmi latini. Propongono brani del loro album d’esordio ‘Moving’ con il quale la band ha conquistato una platea mondiale con brani come ‘Midnight‘ e ‘ Shotgun’ e musiche tratte dall’ultima incisione ‘ Sorry for the delay’. I 340 ml invitano sul palco come ospite ed amico speciale Moreira Chounguiça che nuovamente stupisce con il suo sax coinvolgente.
Chiude la kermesse musicale lo show di Stewart Sukuma, chitarrista e cantante mozambicano che unisce ritmiche del suo paese d’origine a melodie afrobrasiliane e può vantare prestigiose collaborazioni con artisti del calibro di Chico Antonio e Gilberto Gil. Performance molto gradita dal pubblico sebbene non propriamente ricollegabile al contesto jazz ma comunque fortemente influenzata dalla world music. La sua voce esplora il portoghese l’inglese ed anche le lingue africane Changana, Coti, Chuabo, Swahili, Zulu e Tsonga. Ospite sul palco Werner Puntigam al trombone al fianco di Stewart Sukuma nellésecuzione dei successi del suoi primo album ‘Afrikiti’.
Anche la seconda giornata del Mozambique Jazz Festival si conclude tra gli applausi della platea, decretando il successo di questo evento che ha saputo offrire ottima musica e ha indubbiamente incentivato l’interscambio di esperienze musicali tra artisti mozambicani ed internazionali.
http://www.mozjazzfest.com/

lunedì 20 aprile 2009

il Dr. Gonzo ed i retroscena del Cape Town Jazz Fest...


Maputo 20.04.09

Ok, ora mi viene molto più facile scrivere…già conosco gli assurdi percorsi che ho vissuto in quei pochi giorni pazzi passati a Cape Town…ma in quel momento, quando davanti a te c’è solo una pagina bianca che aspetta di essere scritta tutto viene vissuto diversamente…proprio come quando si improvvisa nel Jazz… ci si lascia andare, trasportati dall’istinto…
Partenza in bus da Maputo con direzione Johannesburg…un viaggio nel mezzo di una notte africana rischiarata solo da una mezza luna che non aspetta altro che diventare un tutt’uno con la sua parte nascosta…mentre la mia famigerata capacità di dormire nelle condizioni più impossibili si manifesta appieno, basta che abbia delle ruote sotto il culo che mi facciano viaggiare…dondolio che concilia il sonno ad un nottambulo incallito. Giungo dunque a Johannesburg in uno stato semi catatonico…sono le 4 del mattino ed il mio volo decollerà solamente alle 15…insomma non intendo tediarvi raccontando le seguenti 10 ore trascorse nell’aereoporto di Jo’burg che ormai conosco quasi come le mie tasche…vuote…
Sto per recarmi al Cape Town Jazz Fest per scrivere un report sulle mi sensazioni circa il piu’ grande evento musicale d’Africa…e, giunto al boarding gate incontro un quartetto di nigeriani …sin dal primo momento scatta un’empatia e scopro che si stanno recando anche essi a Cape Town poiché sono il direttore, il produttore e due giornalisti del Nigeria Jazz Fest, evento parallelo al Cape Town Jazz Fest che si svolge in Lagos a Luglio. Dopo un ulteriore narcolettico viaggio a 8.000 metri strattonato dalle nuvole atterro finalmente in Città del Capo, con due ore di ritardo e senza un posto dove dormire mentre nella città impazza uno degli eventi più importanti dell’anno…pare che addirittura Clint Eastwood, Sharon Stone e Robert De Niro siano approdati in città per l’evento…
Beh insomma io, improvvisato giornalista freelance per un sito web italiano (http://www.kinematrix.net/), mi catapulto in centro città per assistere ai concerti del primo giorno insieme ai miei ormai inseparabili amici nigeriani…l’accoglienza del festival è a dir poco eccellente, scopro che hanno allestito un media centre con tutti i confort per gli addetti stampa… free internet, free food, free drinks ( e su quest’ultimo punto si focalizza la mia attenzione!) la venue dell’evento, il centro congressi di Città del Capo è semplicemente incredibile… 5 palchi con 5 diverse atmosfere musicali il cui minimo comun denominatore è il Jazz…inteso in tutte le sue accezioni…io mi lascio travolgere da quel flusso di musica che mi inebria per quasi due giorni incessantemente…lasciandomi stampato in faccia un sorriso da ebete…unica certezza: non perdere i concerti di Incognito, Maceo Parker, Hugh Masekela!!


Per conoscere nel dettaglio note, pensieri e parole che mi hanno accompagnato durante la prima giornata di concerto vi invito a leggere il report istituzionale del Cape Town International Jazz Festival…


Durante la performance di Zap Mama incontro per pura coincidenza Stanley del Nigerian Quartet che mi accoglie come un fratello… grazie a lui risolvo l’irrisolta questione di un’alcova dove lasciare riposare per qualche ora le mie ossa…ma chiaramente, prima di tale momento vengo coinvolto nel clubbing di Cape Town che i nigeriani sembrano conoscere bene ed apprezzare…tutto si concentra intorno a Loop Street che già solitamente è il cuore della vita notturna di Cape Town e che per l’occasione ospita numerosi Jazz Fest Afterparty…strade affollate veramente di tutto: turisti, local, gente ubriaca, prostitute, spacciatori, papponi.. ed io…giornalista freelance&freedrinks che immortalo nella mia memoria momenti surreali…quali l’incontro con un altro nigeriano che sembra uscito dal film anni ’70 “Superfly” con colonna sonora di Curtis Mayfield…capelli cotonati, vestito impeccabilmente, anellazzi d’oro,…assurdo!!! A Long Street in Cape Town la vita notturna sembra davvero animata…beviamo qualcosa (qual cosa??) in un paio (un paio?) di club con musica hip hop a tutto volume mentre i clienti abituali si scatenano in danze rituali d’iniziazione, o almeno questo è ciò che io percepisco…
Stravolto, decido di reimpostare la rotta dalla deriva verso l’appartamento condiviso con i gentili nigeriani…mentre la camera assume sempre più l’inconfondibile odore della ganja africana…per il piacere della mie narici…mi addormento felice, ubriaco di musica, note, crome e semicrome….


Mi risveglio trafitto da un raggio di sole nel sabato mattina inoltrato…e immediatamente mi lancio alla scoperta di Cape Town by day, prima di immergermi nuovamente nel fiume di Jazz del secondo ed ultimo giorno del Cape Town Jazz Fest.
La zona del centro città soprannominata Waterfront, sebbene eccessivamente turistica, è comunque un posto spettacolare per ammirare il Table Mountain, un altopiano di pietra che sovrasta e domina tutta la città…mentre i gabbiani garriscono…semplicemente fantastico…Tutta la zona comprende il caratteristico porto con ormeggiate navi pirata e i vecchi docks che sono stati riconvertiti in ristoranti, negozi, shopping mall…
I primi aggettivi che mi sovvengono circa questa città sono cosmopolita, vibrante e affascinante, sebbene non sembri assolutamente di essere in Africa…Sfortunatamente non ho a mia disposizione il tempo necessario per immergersi completamente nella realtà urbana di Cape Town, che indubbiamente merita di essere conosciuta più approfonditamente…pertanto, come un moderno Ulisse con le sirene, vengo travolto nuovamente dal richiamo del Jazz…


Anche il secondo giorno mi scivola sulla pelle come un brivido lungo la schiena…assito ad alcuni concerti indimenticabili…tra tutti Maceo Parker e Hugh Masekela…nuovamente per more info vi rimando alla parte istituzionale del mio report!


Rumors di altri reporter per media sudafricani mi avevano accennato ad una jam session jazz post festival nel bar privè del Southern Sun Hotel dove alloggiavano praticamente tutti i musicisti presenti al Festival.
Maledico il fatto di non avere portato con me in questa breve trasferta il mio sax passepartout e cerco di ottenere un pass per accedere alla jam…quantomeno come spettatore…nella hall dell’hotel l’atmosfera è distesa, gioviale, mi capita di conoscere personalmente e chiacchierare con Bluey di Incognito, Al Foster, la crew di Mos Def e moltissimi altri musicisti…grazie ai quali mi si aprono le porte del private party…Il club è affollato e l’alcool continua a scorrere come il fiume di note che proviene dal palco al centro del locale. Il livello della jam con il passare delle ore cresce e si incendia, si avvicendano musicisti eccellenti tra cui riconosco il chitarrista di Hugh Masekela ed il chitarrista di Maceo Parker…si spazia dal jazz al funk al latin…tra i presenti si chiacchiera amabilmente deliziati da primizie dell’improvvisazione che di tanto in tanto calamitano l’attenzione.
Quasi senza accorgermene le prime luci dell’alba appaiono all’orizzonte e realizzo che è il momento di ritirarsi, come un moderno vampiro nottambulo assetato di musica quando l’armonia della notte lascia spazio al suono del silenzio del mattino.

Dr. Gonzo!

martedì 14 aprile 2009

CAPE TOWN INTERNATIONAL JAZZ FEST 2009

Cape Town, 3-4 Aprile 2009

CAPE TOWN INTERNATIONAL JAZZ FESTIVAL 2009
http://www.capetownjazzfest.com/

Il Cape Town International Jazz Festival si è tenuto il 3 e 4 Aprile 2009 presso il Cape Town International Convention Centre ed ha celebrato quest’anno il suo decimo anniversario, traguardo importante per questo evento definito “Il più grande raduno d’Africa”.
In effetti la statura del festival è indiscutibile: da anni è incluso tra i primi festival jazz al mondo, insieme al Montreaux Jazz Fest, al North Sea Jazz Fest ed al Newport Jazz Fest.
La line up degli artisti che si sono susseguiti in questi due giorni intrisi di musica è impressionante: oltre 40 band su 5 palchi che ha visto performance di artisti africani ed internazionali, con un unico comun denominatore intenso in tutte le sue poliedriche sfaccettature: il Jazz.
I festeggiamenti, oltre che per la prima decade di vita del prestigioso festival, riguardavano altresì alcuni degli artisti che si sono esibiti: il leggendario trombettista sudafricano Hugh Masekela ha celebrato proprio sul palco di Città del Capo i suoi 70 anni; e la cantante sudafricana Abigail Kubeka ha degnamente ricordato l’esordio della più grande jazz opera sudafricana “King Kong” avvenuto esattamente 50 anni fa ed al seguito del quale è decollata la carriera internazionale della vocalist così come quella di Miriam “Mama Africa” Makeba, a cui l’amica Abigail Kubeka ha dedicato la sua performance sul palco di Città del Capo.
Sempre a Miriam Makeba, recentemente scomparsa, era dedicata la superba galleria fotografica Duotone Gallery che ripercorreva la sua carriera come cantante, la sua capacità di incantare il pubblico con la sua voce, i canti poliritmici della sua terra di origine ed il suo impegno politico contro il regime dell’apartheid che comportò l’esilio dalla sua terra per oltre 30 anni.
Altri interessanti eventi collaterali al festival sono stati un workshop di improvvisazione e tecnica jazz ed un seminario dedicato a giornalisti specificamente riguardante il giornalismo nell’ambito della musica.
Praticamente impossibile assistere a tutte le performance, visto che molti concerti avvenivano in contemporanea ma indubbiamente il Cape Town International Jazz Festival ha saputo offrire ai suoi oltre 35.000 spettatori un’ampia scelta a seconda dei differenti gusti musicali: la grande arena al coperto denominato Kippies Stage ha accolto prevalentemente le performance di artisti influenzati dalla World Music e dalle loro profonde radici africane; il palco all’aperto del Basil “Manenberg” Coetzee Stage ha invece dato spazio al soul-jazz ed al groove; l’anfiteatro Rosies ha offerto principalmente performance di artisti ricollegabili al jazz inteso nella sua accezione più pura, così come il Moses Molelekwa Stage ha dato spazio a musicisti che hanno esplorato i meandri più sperimentali di questo linguaggio musicale; infine il Bassline Stage, caratterizzato da sonorità nu-jazz e da contaminazioni elettroniche.
Di conseguenza anche il pubblico era ugualmente variopinto: indubbiamente multietnico, quasi a testimoniare che la buona musica trascende da ogni divisione razziale; vi erano inoltre aficionados che seguivano il festival sin dal suo esordio, dall’età avanzata ma nonostante ciò ugualmente euforici e elettrizzati, così come un pubblico più giovane ed incline ad ascoltare le sfumature più attuali del jazz, senza assolutamente disdegnare performance di musicisti che erano al vertice della loro fama quando gli stessi (ed anche il sottoscritto!) non erano ancora nati. Infine pare che vi fosse altresì una discreta presenza di star internazionali giunte in Cape Town appositamente per il festival tra cui Robert De Niro, Sharon Stone, Mariah Carey e Clint Eastwood.

Durante il primo giorno del Jazz Fest ho assistito all’incredibile performance di Dr. Philip Malombo Tabane, geniale chitarrista sudafricano che dagli anni ’60 raccoglie riconoscimenti da tutto il mondo. Mi è parso da subito evidente che per Dr. Tabane suonare una chitarra non è soltanto una sterile riproduzione di note, crome e semicrome. La sua chitarra sembra parlarti in un dialetto tradizionale, riproducendo ritmiche delle etnie Pedi e Venda.
Successivamente il Kippies ha accolto calorosamente lo show di Jonathan Butler & Dave Koz, due artisti dal background differente ma con la stessa passione per la musica. Jonathan Butler è cresciuto nei ghetti di Cape Town, circondato dalla povertà ma determinato a coltivare il suo amore per la musica.
La sua voce colpisce e mi fa correre un brivido lungo la schiena. Quando poi viene affiancato dal pluripremiato sassofonista americano il pubblico esulta e si cimentano in uno smooth jazz dove chitarra e sax interagiscono in perfetta armonia.
Altamente evocativa la performance di Magic Malik Orchestra. Il flauto di Magic Malik è un nomade: nato nella Costa d’Avorio, cresciuto in Guadalupa, approdato a Marsiglia. Il suo trip sonoro è profondamente influenzato dai suoi viaggi e dalle sue esperienze musicali in culture differenti. “Le mie collaborazioni a 360 gradi, da St. Germain a Buena Vista Social Club, sono dei veri e propri workshop che mi permettono di espandere i miei orizzonti e di muovermi verso nuove direzioni” dice Mr. Magic Malik.
Il suo album “13 XP song’s book” rappresenta perfettamente la sua musica, stimolante ma al tempo stesso accessibile. “Non mi piace quando il Jazz diviene troppo teoretico. Spero la mia musica risulti intellettualmente soddisfacente e, contemporaneamente, faccia muovere il corpo”.
Incantato da Magic Malik Orchestra perdo l’inizio del concerto degli inglesi Shakatak. Adorati in Sudafrica, gli Shakatak ipnotizzano Città del Capo con il loro stile caratterizzato da equilibrio tra le loro solide radici jazz, il loro beat prettamente dance ‘70, le voci femminili che li contraddistinguono rispetto alle altre band funk. Il pubblico balla, si diverte, beve birra Castle.
Su consiglio di un fotografo di Cape Town vado a sentire i Gold Fish.
I Fishies, cosi’ sono soprannominati dai numerosi fan presenti al Bassline stage, sono un duo composto da David Poole e Dominic Peters. Manipolano laptop, Roland MC 909, Rhodes e Nord Electro2, per creare un tappeto sonoro elettronico su cui innestare elementi live come sax e contrabbasso. Il tutto condito con un MC esplosivo… praticamente una bomba ad orologeria che è esplosa nel centro di Cape Town! Sonorità house da clubbing ibizenco - non a caso hanno appena inciso un album dal titolo “Perception of Pacha”- sfumature trip hop ed anche dub quando si cimentano con successo in un mix di “I shot the sheriff” di Bob Marley, poi immancabile il jazz con campionamento del piano di “My baby (just cares for me)” di Nina Simone,… decisamente magnetici. Una rivelazione!
Ormai in ritardo sulla mia tabella di marcia, mi sposto al Kippies Stage dove già suonano i Freshlyground. Questa band sudafricana, che ritorna al Cape Town Jazz Festival dopo il loro esordio nel 2004, è molto attesa dal pubblico adorante che affolla l’enorme arena, e mi incuriosiscono per il loro stile eclettico che miscela il suono della mbira con quello del violino!! Il loro album “Ma’Cheri” ha vinto ben quattro South African Music Award incluso Album dell’anno. Dal vivo rappresentano perfettamente la loro peculiarità cosmopolita attingendo dal kwela, dall’Afro beat, dal funk, rock e soul e trasmettendo energia contagiosa che travolge il pubblico.
Mentre mi dirigo verso il Rosies Stage per vedere la performance di un gigante del Jazz quale Al Foster vengo dirottato da un sound che mi colpisce inaspettatamente: al Moses Molelekwa Stage sta suonando The Robert Glasper Experiment, quartetto di musicisti talentuosi che si approcciano alla musica con una fusione di jazz e cultura urbana hip hop. Vantano collaborazioni prestigiose con artisti del calibro di Wynton Marsalis, Roy Hargrove, Erykah Badu e Mos Def e nel loro live sondano nuove frontiere con il supporto di laptop, sampler, vocoder ed altri gadget elettronici, producendo sonorità futuristiche, strutture progressive e virtuose improvvisazioni.
Dopo questa sorprendente digressione sperimentale mi aspetta la performance di un mostro sacro del Jazz inteso nella sua accezione più pura: Al Foster. Batterista che ha scritto pagine indimenticabili della storia del Jazz al fianco di Miles Davis, si è esibito per la prima volta in Sud Africa in quartetto accompagnato da musicisti dotati di una tecnica impeccabile, precisione e rapidità nell’esecuzione. Al Foster dimostra, nonostante la sua età, di possedere ancora quel groove che conquistò Miles Davis quasi 40 anni fa. La sua performance si conclude con un’originale interpretazione di “Jean Pierre” in tributo al leggendario trombettista rievocato dallo stesso Al Foster nella presentazione della sua band; imitando la voce roca di Miles il batterista ironizza su se stesso…”I can’t believe he’s a band leader!”. Grandissimo concerto. Applausi.
In attesa della performance impedibile di Incognito assisto a parte dello show di Zap Mama. La band, nata come quintetto vocale a cappella esclusivamente femminile, si è progressivamente trasformata includendo strumenti e collaborazioni con artisti di ogni angolo del pianeta. Nonostante la componente vocale rimanga il fulcro della loro musica ho apprezzato la miscela di funk, soul, pop e reggae così come il coloratissimo vestito psichedelico della leader Marie Daulne ed il suo cappello-vinile.
Il primo giorno del Cape Town Jazz Fest si conclude con lo show di Incognito.
Premessa: negli ultimi tre anni ho visto questa band in tre diversi continenti e con tre diverse formazioni ed ogni volta sono rimasto folgorato dai loro live.
La band inglese da quasi 30 anni è un riferimento nella scena acid-jazz e nel tempo ha visto susseguirsi centinaia di collaborazioni con artisti di ogni angolo del pianeta: Mauritius, Barbados, Indonesia, Nuova Zelanda, India, Ghana…riflettendo la loro inclinazione per il multiculturalismo musicale. Lo stesso Hugh Masekela registrò alcune tracce del loro primo album “Jazz Funk”.
Indubbiamente la dinamo degli Incognito è il leader e chitarrista Jean Paul ‘Bluey’ Maunick. Personaggio consapevole del potere della musica di unire le persone, di offrire loro qualcosa che non è materiale ma che ti entra dentro, profondamente radicato alla musica africana e politicamente impegnato in campagne di sensibilizzazione per il Darfur, costantemente ispirato dalla vita e dall’interscambio di energia che stabilisce con il suo pubblico.
La performance vede susseguirsi brani come “When the sun comes down” dedicato alla figlia e tratto dall’ultimo album “Tales from the Beach” con dei classici della loro carriera come “Still a friend of mine”. 100% acid jazz con una sezione fiati potente, una ritmica da metronomo sincopato e voci dalla timbrica incredibile.
Memorabile momento quando incita la platea a non spaventarsi davanti ai cambiamenti della vita, ed immediatamente traduce in musica il concetto invitando il batterista, il pianista ed il bassista a scambiarsi gli strumenti…incredibilmente, per una matematica proprietà commutativa della musica di qualità, invertendo l’ordine dei fattori il risultato non cambia: il groove è lo stesso, inconfondibile!!! Il pubblico spende le ultime energie ballando, cantando ed applaudendo entusiasta, il sottoscritto nuovamente rimane folgorato dalla loro performance impeccabile.

Il secondo giorno decido di iniziare il Cape Town Jazz Fest assistendo allo spettacolo dei Napalma. Questa band nata dall’unione di musicisti mozambicani e brasiliani scalda sin dapprincipio il Bassline Stage con un cocktail di groove elettronici e percussioni tradizionali. Ivo Maia, bandleader, canta in inglese, portoghese e changana (lingua del Sud del Mozambico) e riesce a far scatenare il dance floor con beat e ritmiche Afro-brasiliane che intersecano samba, dub, kwaito e drum and bass. Non mancano i fans mozambicani a supportare la band. Niente male come inizio per il secondo giorno di festival, positive vibration!!
Sempre al Bassline Stage segue la performance degli attesissimi 340ml. Nel suono del quartetto è chiaramente percepibile la loro origine mozambicana, sebbene amino definire la propria musica come musica contemporanea sudafricana. Dentro 340 ml ci stanno in parti uguali reggae, dub, ska, rock, world music, latin, e marrabenta mozambicana.
Si erano già esibiti dal vivo al Cape Town Jazz Fest nel 2005 ed il loro ritorno è acclamato dal numeroso pubblico. Hanno sapientemente flirtato con il pubblico miscelando canzoni dell’ultimo album “Sorry for the delay” con tracce dell’album di esordio “Moving”. Special guest sul palco anche il sax di Moreira Chonguiça.
Vista la concomitanza dei concerti decido di perdermi la performance di Dianne Reeves per assistere all’esibizione di Maceo Parker nel Kippies Stage.
E’ innegabile che Maceo Parker sia un sassofonista di riferimento nella scena funk. Per oltre 10 anni fu il sax alto di James Brown e con il suo stile inconfondibile al sax alto intraprendeva spesso arditi duetti con la voce del ‘Godfather of Soul’. Poi militò tra le file dei Parliament-Funkadelic di Gorge Clinton…insomma il suo passato è intriso di funk!
Dal vivo esordisce definendo la propria musica come “2% jazz e 98% funky stuff” ed il pubblico apprezza decisamente la sua capacità di creare riff che emulano l’agilità della voce umana, oltre ai movimenti di bacino che Mr. Dynamite James Brown deve avergli insegnato personalmente. Memorabile la versione di “Georgia on my Mind” in omaggio a Ray Charles cantata da un Maceo Parker con tanto di occhiali scuri e voce commossa.
Momenti da brivido anche durante l’immancabile hit funk ’70 “Pass the Peas” con la quale la band, definita dallo stesso Maceo Parker come “the greatest little funk orchestra on earth”, riesce a sconvolgere la platea estasiata del Kippies.
Incredibilmente funk il chitarrista Bruno Speight ed anche il bassista Rodney Curtis. Concerto assolutamente memorabile.
Prima di assistere al gran concerto di Hugh Masekela di chiusura del festival riesco a vedere parte della performance di Mos Def. Rumors davano la sua esibizione come uno degli eventi più attesi ed infatti il Bassline Stage è strapieno di gente esultante per la performance del rapper americano. Il suo impegno per riportare l’hip hop alle sue radici di movimento di contestazione sociale, allontanandolo dallo stereotipo del gangsta rap, oltre a collaborazioni con artisti come Femi Kuti lo hanno reso uno dei personaggi di riferimento dell’hip hop contemporaneo.
A Cape Town si esibisce insieme a The Robert Glasper Experiment e la fusione tra il cantato del rapper ed il sound urbano della band è fenomenale, una bomba che esplode tra il pubblico facendolo saltare.
Sebbene abbia apprezzato la performance di Mos Def decido di recarmi al Kippies Stage per il concerto di Hugh Masekela in chiusura del festival.
Il leggendario trombettista sudafricano proprio oggi compie sul palco 70 anni. Una vita che lo ha visto dal 1960 al 1990 costretto all’esilio a causa del regime dell’apartheid, 30 anni trascorsi tra Stati Uniti, Inghilterra e molti paesi africani durante i quali ha portato con sé la musica del suo Sud Africa arricchendola e contaminandola con le esperienze vissute con il Jazz e con il Pop.
Vera e propria icona musicale, propone in anteprima il suo ultimo album “ Phola”, quintessenza di Masekela dove si alternano momenti introspettivi dai toni distesi con provocatorie e pungenti critiche sociali. A dispetto dell’età Masekela appare in splendida forma, il suono della sua tromba è pulito e senza esitazioni e lui trasuda energia che coinvolge la folla immensa accorsa ad assistere al suo show.
Pochi altri musicisti sono riusciti a far conoscere la musica africana al resto del mondo quanto lui e la sua performance riesce infatti a esprimere in musica un viaggio che ripercorre tutta l’Africa: dall’Afro beat nigeriano yoruba, durante la spettacolare cover di “Lady”, in onore al grandissimo Fela Kuti; al brano “Moz” dedicato al Mozambico, paese che nell’ultimo album viene rappresentato dalla collaborazione con il leggendario chitarrista Jimi Dludlu; passando dal Malawi, terra di Erik Paliani, multistrumentista e produttore eccezionale.
La band ha un sound solido, che non lascia spazio a cali di tensione anzi incalza il pubblico mentre la voce di Hugh Masekela si fa sentire come il ruggito di un leone nella savana. Davvero unica l’opportunità di assistere ad un suo concerto nella sua terra, mentre la gente che mi circonda danza inarrestabile sulle note di classici del repertorio del trombettista.
Attimi di commozione quando viene portata sul palco una grande torta per celebrare il compleanno di Hugh Masekela, 70 anni di Sud Africa vissuti sulla sua pelle e nella sua musica mentre cori di auguri si alzano spontanei dalla platea. 100 di questi giorni, Hugh!
Non poteva concludersi meglio la decima edizione del Cape Town International Jazz Festival, un paradiso musicale sceso in terra per due giorni di jazz a 360 gradi.

mercoledì 1 aprile 2009

Random Pictures from Mozambique!!!

MAPUTO, 1 Aprile 2009







Il Mozambico e'molto nice!!!















L'Oceano Indiano e le onde di Bilene....















... La generosita' del mare e le sue delizie....













I tramonti africani.... mozzafiato...












... I mezzi di trasporto improvvisati ...













...La musica..Il groove nelle vene....












...L'espressivita'dei musicisti mozambicani!!!